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Giustificato motivo oggettivo: lecito se serve per aumentare la redditività, illecito se il datore adduce una crisi che non c’è
In materia di licenziamento, la Corte di Cassazione ha chiarito che il giustificato motivo oggettivo può ritenersi lecito se operato nell’ambito di una riorganizzazione dell’impresa per ridurre i costi e, di fatto, aumentare i profitti. Il provvedimento risulta illegittimo, però, se la diminuzione del fatturato posta a motivazione del recesso non sussiste. I giudici della Corte Suprema, nella Sentenza n. 25201 pubblicata il 7 dicembre 2016, riformando la sentenza d’appello, chiariscono due aspetti: da un lato, non si può escludere la possibilità per l’azienda di licenziare al di fuori dei periodi di crisi, in quanto ciò sarebbe contro il principio costituzionale di libertà di impresa; in secondo luogo, che nelle recenti leggi in materia di lavoro, dalla Biagi al Collegato Lavoro alla Fornero, il legislatore ha inteso escludere la sindacabilità da parte del giudice delle scelte operate dal datore di lavoro per motivi tecnici, produttivi e organizzativi. Sulla base di tali principi, pertanto, la Cassazione annulla la sentenza di appello e passa la parola al giudice del rinvio. Giustificato motivo oggettivo: lecito se serve per aumentare la redditività, illecito se il datore adduce una crisi che non c’è

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